Et voila’, accompagnata dal marinaio Coco, per l’occasione più fiorito del solito, con la ghirlanda sul cappello rossa in tinta con la maglietta, la barba ben raccolta in una lunga esile treccia secondo la moda cino-polinesiana ed i tatuaggi al vento,
sono salita sulla nave presidenziale il Tahiti Nui IX, per seguire la corsa di piroghe più importante della Polinesia: l’Hawaiki Nui.
Mi sono dovuta imbarcare con largo anticipo, Coco e’ venuto a prenderemi di corsa, siamo arrivati che non c’era ancora molta folla sulla nave, ma piano piano si e’ riempita di giovani rematori, qualche rematrice, la quasi totalità polinesiani,
con, insieme a me, qualche piccola eccezione, pochi “popa’a”, bruciati, dalla pelle bruciata dal sole, non come me, che conservo la carnagione mediterranea ereditata dalla nonna sarda, qui riesco a mantenere un bel colore ambrato, sara’ per questo che mi hanno recentemente scambiata per polinesiana?
Sono stata affidata ad un marinaio dal nome Matteo, gentile e premuroso verso di me quasi come una vecchia signora, ho ricevuto mille raccomandazioni, di stare attenta, specie la sera quando girano solo ubriachi, ma verso le 20 sono già dentro la mia cuccetta, magari a leggere.
La mattina mi sveglio verso le 6, dopo aver passato la notte nascosta dietro alla tenda per sfuggire all’aria condizionata che esce feroce dal soffitto. Quando dormo, dormo! Dopo colazione scendo nel porto, proprio davanti a dove abbiamo alloggiato col gruppo, Huahine e’ irriconoscibile, piena di vita, va’a e rematori ovunque, inizia la pesa delle piroghe, devono avere tutte lo stesso peso, altrimenti si aggiunge artificialmente su ogni imbarcazione.
Passo alla pensione, dove abbiamo alloggiato col gruppo, e’ giusto di fronte alla banchina; il marito remerà alla prima e forse all’ultima tappa, e’ bello così, tutto al momento, tutto all’improvviso! Incontro Robert con le baguette appena sfornate in mano, che corre a cucinare al suo ristorante, mi dice “Se verrai a mangiare da noi bene, altrimenti sono sicuro che ci rivedremo.” Cara Polinesia, e chi ti molla più!
Qui sopra la va’a che ha vinto: la n. 76